home biografia galleria opere curriculum artistico pubblicazioni Contatti mappa sito

 

Biografia

 

Mattia Crisci (1952)

La stagione accanita dell’informale degli anni cinquanta-sessanta del secolo scorso in Italia è stata, per ammissione degli stessi protagonisti, un’avventura e una sperimentazione “a tutto tondo” (MichelTapiè, 1957). Quello che non emerge a prima vista è che si è trattato di un’esperienza in cui confluirono ricerche diverse, una “mescolanza” dotata di una grande ricchezza, da cui hanno preso avvio quasi tutti gli sviluppi dell’arte dei decenni seguenti, inseguendo con più o meno consapevolezza la “magia della texture morfologica di ciò che deve essere l’opera senza quieto alibi altro, cioè la necessità efficace dell’arte” (Tapiè, 1958). Nell’attuale situazione di rimescolamento delle carte, non sorprende certo che molti artisti rivolgano la loro attenzioneverso le espressività drammatiche di quella stagione culturale e di quegli anni, non alla ricerca di un’improbabile falsariga ma rivisitandole con vigore strutturale e insieme con l’ambiguità di nuovi elementi simbolici e a volte addirittura figurativi, a cui si fa poi ricorso per significare l’operare artistico, che si sta smarrendo in un accademismo sperimentale, sempre più vuoto e senza senso. Mattia Crisci, che ha attraversato varie esperienze estetiche dalla decorazione astratta alle installazioni, alle azioni agli interventi tesi al coinvolgimento del pubblico, è approdato senza forzature ad una poetica neoinformale, che al di là dell’uso fisico della materia sulla superficie dell’opera tende ad una materia-spazio, ad una materia-colore e, se possibile definirla in questo modo, ad una materia-segno, come era già accaduto alla fine degli anni cinquanta a Napoli con Renato Barisani. Evidentemente, Crisci, che è di formazione partenopea (ha studiato all’Istituto d’arte di Napoli), deve aver subito una sorta di “ condizionamento ambientale”, non immemore degli sfondi ottenuti con il catrame da un pittore della forza di Antonio Mancini o dei neri di un artista visionario come Diefenbach, che nelle sue immense tele esposte nella certosa di Capri ricorreva di preferenza ad impasti di bitume e sabbia. La maggior parte delle opere di Crisci sono raggruppate sotto il nome indicativo di “Sabbie”, il titolo scelto dall’autore si riferisce unicamente alla duttilità della sabbia, che si presta ad usi molteplici, e non vuole privilegiare un materiale rispetto ad un altro, si tratta di un nome indicativo anche se ricco di suggestioni e non vuol essere in alcun modo connotativo. Anzi le materie a cui fa ricorso sulla tavola, supporto preferito da Crisci anche se non unico dato che spesso viene scelta la ceramica, sono di diversa natura e vanno da colori acrilici, colle sintetiche, smalti industriali, vetri fusi, che si sposano alle sabbie, dando luogo a vicinanze spaziali, che si strutturano in accumulazioni ed immagini, creando nuovi rapporti intenzionali con i contenuti formali, coloristici o segnici. La continuità inventiva si affida così a forti espressività, che nascono da emozioni controllate, passando nell’opera/sull’opera da una vibrazione all’altra, che non sono frutto di un’ebbrezza di tipo nicciano panteistico, ma di lucide riflessioni e di insistito rigore. E crediamo di poter affermare in questa nostra testimonianza, senza andare troppo lontano dal vero, che questo sia l’atteggiamento e la positura comuni a tante opere artistiche di ogi, tese ad introdurre e a definire le immagini delle nuove metamorfosi, che siamo chiamati ad interpretare e a decifrare, tenendoci lontani dai trasformismi e dai metamorfismi, che segnano negativamente tanta pittura corrente.

Luciano Caruso


Torna alla home